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# 27.10

Nasconderne delle parti

Sfuggire all’archivio

 
Detto da un’archiviatrice compulsiva come me quello che dirò adesso potrebbe assumere un senso particolare. Affermazioni di questo tipo, venute fuori da una che trattiene tutto, comprese le cose non riuscite, che archivia e rende pubblico ogni cosa che fa, probabilmente appariranno come una forma di incoerenza.
Ovviamente il tutto di cui parlo, non è poi veramente tutto. È il tutto che ho deciso di vedere al centro della mia visione delle cose.

L’omettere, l’oscurare, il selezionare, il non dire, il diritto all’oblio, sono azioni che permettono la libertà di sfuggire a qualsiasi tipo di giudizio o categorizzazione che mi servono a completare come voglio io il mio racconto, a determinare il mio atto di intenzionalità e consapevolezza.
So perfettamente che successivamente ce ne sarà un’altra, delle altre, di queste scritture, anzi sono auspicate e provocate in primis da me, ma solo dopo aver fatto io in prima persona la mia prima decodificazione. So che dopo ci potranno essere le riscoperte, le interpretazioni, le aggiunte, ecc., che vedo come la possibilità di rivivificare una materia che altrimenti resterebbe morta.

Alcune volte si vuole coprire, nascondere perché si percepisce che non tutto è archiviabile e che qualcosa necessariamente deve sfuggire al controllo, anche di sé stessi.

Alcune delle mie opere, alcuni delle situazioni che ho ricreato portano in sé proprio questo sentimento. Ne riporto qui di seguito un paio di esempi:

- L’opera il “Quadro infinito” dove un colore sovrapponendosi all’altro cancella tutto quello che lo precede. Si immagini che questa tela era cominciata in un angolo buio del mio studio come spazio dove lasciar accadere tutto quello che mi immaginavo, compreso qualche tentativo di aggancio alla realtà, ma ogni volta eliminato e ricoperto da un semplice e assoluto atto pittorico, quello cioè di spalmare un colore sopra una superficie dimensionale per affermare il passaggio su questa terra.

- L’esperienza degli “incontri dei mercoledì degli artisti” avvenuti a Venezia per una decina di anni dove per scelta si è deciso di non documentare niente, di nascondere a chi stava fuori quello che accadeva dentro. Alcune volte si cerca di ricreare uno spazio dove rimanere protetti nella segretezza e nell’intimità, dove ci si può permettere di sbagliare, di dire scemenze, senza che gli altri ascoltino e vengano mai a saperlo. Uno spazio di libertà, dove si trova la forza di esprimersi, di aprirsi a sé stessi e agli altri, dove non si tratta di esibirsi, ma di parlare con sé stessi a voce alta.
 
 
 
(Testo scritto nel 2022)
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