La tavolozza si è ridotta al minimo. Il luogo dove si forma il colore è uno solo: la ciotola. La ciotola non si svuota mai, rimane sempre viva e bagnata. E' come tenere in vita una pianta. La ciotola è una sola, le tele sono tante.
Colore grigiastro della melma che si è formata negli anni sul fondo del mio sgocciolapennelli
Ho immaginato questo sito
come parte integrante del mio lavoro,
sostenendo l’attitudine ossessiva ad
accumulare, trattenere, registrare e sciorinare.
Essendo un’elucubrazione si trasformerà
continuamente e terrà aperta
una ricerca in continuo mutamento.
In questo Sito il mio lavoro può essere avvicinato da diversi punti di vista.
Se scorriamo verso il basso la pagina in cui siamo troviamo la SINTESI di ciò che faccio.
Addentrandoci poi attraverso i due punti in alto è possibile conoscere il corpo del lavoro
da una parte tramite una classificazione oggettiva, consultando l’ARCHIVIO generale
e dall’altra provando a cercarne una INTERPRETAZIONE attraverso l’“Autoritratto” dell’artista
e il “Ritratto” che ne delineano alcuni interpreti.
Il contatto del corpo con lo spazio lascia traccia di sé attraverso il colore.
La pittura si costituisce e forma la sua impronta nello spazio.
Il mio lavoro ha in sé l'esperienza del colore, il colore inteso come entità fisica, come traccia della vita.
Nell'opera è l'esistenza, che lascia segno del suo passaggio attraverso la materia-colore.
La forma è l'esito del seguire la pratica, il processo è più importante della forma.
Nel mio studio la materia-pittura formata si stratifica, si accumula e si organizza in contenitori, come se io fossi uno strumento di registrazione del tempo.
Una realtà fatta di colore e di emotività per la quale viene costruita una forma di contenimento e una struttura per presentarla all’esterno.
La continuità, la persistenza della pittura è il sentimento con il quale affronto il mio gesto. Come se lo stendere materia su una superficie, il suo sedimentare, non fosse altro che aggiungere un atto ad altri atti che sono stati già compiuti o che stanno per compiersi.
Parte integrante del mio lavoro è anche prendere le distanze dal rapporto diretto con la materia, pensando, comprendendo, nominando, scrivendo, verbalizzando ed infine archiviando ciò che si è costituito di fronte ai miei occhi.
Quello che produco quotidianamente nell’isolamento dello studio viene messo successivamente in relazione con l’esterno, con altre realtà, nel tentativo di innescare un contatto tra la propria interiorità e lo spazio condiviso.
Per la stessa ragione, la volontà di connettere il dentro e il fuori, le opere vengono raccolte, catalogate, descritte e rese accessibili all’interno di questo spazio, spingendo ulteriormente il processo in quella direzione.
La tavolozza si è ridotta al minimo. Il luogo dove si forma il colore è uno solo: la ciotola. La ciotola non si svuota mai, rimane sempre viva e bagnata. E' come tenere in vita una pianta. La ciotola è una sola, le tele sono tante.
Ciascuna “Sedimentazione” è come se fosse il frammento di un quadro che si sviluppa nel tempo e che si dipinge all'infinito.
Uno strato sopra l'altro. Il gesto è sempre quello: spalmare una materia fluida su una superficie bidimensionale, fino a coprirla quasi del tutto, ma mai totalmente. Il processo si dichiara: in alto rimane un bordo che racconta il passaggio di tutti i colori che hanno portato a quell’ultimo strato.
Il "Sedimentario" è un grande oggetto contenente le “Sedimentazioni”, ha la funzione di essere al tempo stesso un generatore, una traccia e un deposito.
Dal 2006 tutti i giorni lo stesso colore viene depositato anche sopra il “Quadro infinito”. Ogni colore precedente viene cancellato dallo strato successivo. Tanti micro-strati di pittura stesi su una superficie bidimensionale vanno a formare un oggetto tridimensionale.
Dopo alcuni anni quando la tela ha cominciato ad allargarsi, ad ispessirsi, ad avere un certo peso, è stato necessario spostarlo per poterci continuare a lavorare, per conservarlo e per eventualmente portarlo fuori dallo studio. E' stato così collocato all'interno di un contenitore, “Teca del quadro infinito”, che funge da parete, da protezione e scatola da trasporto.
Si raccolgono colori. Si colleziona il tempo. Si registra il vissuto. Un colore dopo l'altro, un giorno dopo l'altro. Il "Diario" mantiene una traccia di tutto quello che è passato nella tazza e documenta dai 3 ai 5 mesi del mio tempo. Un diario fatto di colori anziché di parole.
Una volta finiti vengono riposti nella "Diarioteca". Questo oggetto diventa come una specie di raccoglitore, misuratore, archiviatore del tempo che contiene i "Diari" dipinti fino ad oggi e quelli che mi rimangono da dipingere. Ho immaginato il tempo che mi resta da vivere e ho accumulato una quantità di legno che corrisponde a quel tempo.
Questo in cui ci troviamo, il sito, è lo spazio che ho immaginato, come una connessione tra il dentro e il fuori. Lo intendo come una fessura tra il mio mondo interiore e il mondo esterno.