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# 22.01

Introduzione

ASSISTERE ALLA TRASFORMAZIONE


Conservazione della materia e dello spirito dell’opera. E questione del restauro.


 
“Visto il Museo greco-romano, poca roba. Delle statuine simili alle Tanagre – superbe. Alcune hanno ancora il colore conservato così bene che sembrano, ora, appena uscite dalle mani del pittore…”
(Dal “Diario” di Cesare Pascarella, Giugno 1900)

 
“Perché eternità? Non comprendiamo cosa sia... Siamo fatti in modo che la mente ci balza sempre oltre – ecco tutto – ma non è detto che il tempo esista veramente, e dunque cadrebbe il problema della nostra caducità.”
(Dal "Diario" di Cesare Pavese, 23 marzo 1948)

 
“L’opera danneggiata può valere più dell’opera integra”
(“Idea sbagliata n.4” di Cesare Pietroiusti attribuita a Maria Morganti durante l’intervento “Dare via idee sbagliate”, Venezia, Teatrino di Palazzo Grassi, 28 settembre 2017)

 
 
In questo capitolo affronto la questione legata al destino materiale dell’opera, prendendo in considerazione per primo le regolamentazioni determinate dal nostro ordinamento e le regole del “buon” restauro, ma allo stesso tempo forzandole e ribaltandole per affermarne altre che corrispondono al sentimento che ho nei confronti di ciò che faccio.
A partire dalla coincidenza della mia pratica e del mio pensiero con le tecniche, le teorie e le pratiche del restauro si sono determinati alcuni lavori particolari. In questo capitolo ne tiro fuori qualche esempio.
 
Le riflessioni su questo tema sono cominciate attraverso un dato emotivo, inconscio, quando cioè una notte, nel 2007, ho fatto un sogno. Ne riporto qui di seguito la descrizione estratta dal mio diario “Rimuginare”:  
“Questa notte ho sognato che i miei quadri si sgretolavano davanti ai miei occhi. Tutta la pittura si staccava dalla superficie e scivolava in scaglie verso il pavimento. Mi trovavo davanti a delle superfici bianche, intonse.”
 
I ragionamenti sono poi proseguiti negli anni in varie tappe. Una di queste è stato l’incontro fondamentale con il Corso sugli archivi d’artista organizzato da AitArt. Lì ho capito che alcune delle regolamentazioni in atto in Italia che trattano la questione dell’intervento da parte di altri sull’opera, agiscono, confermando o più delle volte contraddicendo, sul rapporto che ho innescato con il mio lavoro.
Qui di seguito riporto alcuni dei miei appunti presi durante le lezioni ai quali ho apportato dei commenti personali.
 
Appunti dal corso AitArt: “Responsabilità per la conservazione”: La corretta conservazione dell’opera d’arte è un obbligo per il proprietario (Trib., 22 dicembre 2001; Trib. Milano, 20 gennaio 2005); La cattiva conservazione dell’opera d’arte può creare un danno alla reputazione dell’artista (art. 21 LDA)
Maria: Non è la conservazione immobilizzata dell’opera come un dato di fatto che mantiene intatto il senso di ciò che faccio quanto la vivificazione che si rinnova ogni volta che un essere umano la fa propria.
 
A: “Dovere di restauro” (Trib. Milano 20 gennaio 2005): Può in astratto configurarsi una violazione del diritto morale d’autore, ai sensi dell’art. 20 LDA, anche nel caso di degrado dell’opera in conseguenza del trascorrere del tempo, con il concorso di altri specifici fattori negativi, imputabili al detentore, considerato che il degrado stesso, superato il limite di decadimento naturale, potrebbe causare una lesione all’integrità dell’opera d’arte figurativa. Un tale pregiudizio, infatti, può influenzare negativamente la percezione dell’opera presso il pubblico e quindi costituire una lesione alla reputazione dell’artista”.
M: Nulla ha senso se l’atto restaurativo viene obbligato. L’opera nata ad un certo punto in un certo modo continua a sussistere solamente se viene di volta in volta interpretata attraverso un atto desiderato e non imposto.
 
A: “Responsabilità di mantenere e trasmettere il valore culturale dell’opera”: (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, Codice dei beni culturali e del paesaggio), il quarto comma definisce il restauro come l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.
In caso di deterioramento dell’opera, in relazione anche alla tecnica di sua esecuzione, e salvo il caso di vizi, l’acquirente è tenuto a consultare l’artista, il quale deve dare indicazioni per il restauro della stessa; le spese sono a carico del proprietario.
M: L’artista lascia andare nel mondo la propria opera, in quel momento l’opera entra in relazione con altre entità e comincia una sua propria strada. L’artista rimane al di qua nel tentare di tenere in vita il gesto che indirettamente prosegue a rendere vitale anche l’opera che si è allontanata. Il nuovo proprietario si prende cura della materialità e della spiritualità dell’opera in suo possesso.
 
A: “Diritto di integrità dell’opera”. Se il restauro dovesse intervenire per più del 50 % sull’opera, questa non sarà più ritenuta un originale. L’artista può disconoscere l’opera nel caso fosse stata maneggiata in maniera tale da trasformarla completamente.
M: L’artista continua, comunque, incessantemente a riconoscere la propria opera anche nel caso in cui subisca eventi e trasformazioni determinate dal caso o dalla volontà di altri.
Se l’opera fosse trasformata in qualsiasi misura da un deterioramento nel tempo, da un’azione di restauro o da qualsiasi atto volontario o involontario ne andrebbe mantenuta una documentazione per ricostruirne la storia. Andrebbe in quel caso fatto un aggiornamento in archivio.
Su questo punto mi sono espressa in maniera concettuale ed emotiva nel testo che costituisce l’allegato n.1 del certificato di autenticità nel quale definisco il proprietario come un testimone che dopo di me e come me continuerà ad assistere al trasformarsi dell’opera, immaginando il suo più un atto di cura per mantenere in vita lo spirito per cui un gesto venga potenzialmente reiterato all’infinito, anziché la preoccupazione a mantenere fisicamente l’opera. Così come ho esplicitato nel secondo allegato al certificato di autenticità, considero più importante mantenere la memoria dell’opera che concentrarsi sulla sua matericità.
 
A: Non è dovere dell’artista restaurare la sua opera, ma sarà sempre sua facoltà intervenirci sopra anche quando non sarà più in suo possesso. L’artista ha diritto fin che è in vita di ritoccare la sua opera.
M: L’opera porta al suo interno il senso della trasformazione. Ogni cosa è in continua evoluzione. Se e quando si creano le condizioni, anche dopo che l’opera si è allontanata dallo studio dell’artista può ancora trovare una forma di cambiamento.
Io non disconoscerei l’opera se alterata. Per me il nuovo proprietario ha facoltà di agire come vuole. Sua responsabilità è invece riferire ogni trasformazione e movimento, qualsiasi esso sia, all’archivio. È più importante mantenere in vita la storia dell’opera che l’opera stessa.
 
A: Sarebbe meglio che l’artista non rimaneggi la sua opera se posseduta da qualcun altro, perché quello è il compito di un restauratore professionista. Se l’artista stesso dovesse mettere le mani sulla sua opera questa risulterebbe trasformata e risulterebbe quindi un’altra opera.
M: L’opera ripresa in mano dall’artista in un secondo tempo è sempre la stessa opera, ma porta al suo interno due opere differenti con due diverse datazioni.  
L’opera potrebbe subire presto o tardi un deterioramento stabilito dalla sua natura o potrebbe vedere un’alterazione determinata da un’azione da parte di altri. Se qualsiasi cosa dovesse trasformare l’opera lascerei al proprietario la facoltà di scegliere come agire. Io non vorrei metterci sopra le mani di nuovo. A meno che non lo sentissi necessario e che non sia io stessa a decidere che c’è qualcosa che mi spinge a trovare un senso nuovo e a riattualizzare il pensiero. Se dovessi intervenirci la considererei a questo punto un’opera nuova. Per esempio, se una persona dovesse portarmi una “Sedimentazione” da restaurare, la porterebbe da me di un certo colore e la vedrebbe ritornare di un altro. Un colore si aggiungerebbe agli altri e la sua storia temporale si sposterebbe in avanti con questa nuova aggiunta.
 
A: Secondo l’attuale pratica del restauro quando si formano dei craquelé sul quadro non si decide di chiuderli, ma di stabilizzarli.
M: Il craquelé è un evento non causato volontariamente, ma naturale, determinato da fattori materiali e atmosferici. Va accettato come dato di fatto e come agente trasformatore. La sua azione determina una forma inaspettata del tutto nuova che magicamente mostra un pezzetto di storia del quadro.

Concluderei questa introduzione dicendo che in generale preferisco non dare alcuna regolamentazione precisa sul se e sul come un’opera debba essere restaurata, né sul come debba essere conservata e né tantomeno sul come debba essere allestita. Mi piace pensare che ognuno possa prenderla in mano e farla diventare cosa propria interpretandola e prendendosene cura a proprio modo, trascinandola all’interno del proprio mondo.
Aggiungo anche che comunque non mi sottraggo dal dire la mia opinione. Attraverso i sistemi archivistici, infatti, lascio e comunico la mia personale, ma non univoca posizione.

 
 
 
(Scritto nel 2020. Modificato nel 2021, 2022)
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Venezia, 2016