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titolo

Monumento alla relazione

sottotitolo

Diario di un saluto (15 maggio 2016 – 26 maggio 2019)

Descrizione e interpretazione opera
TENERSI PER MANO: ARCHIVIARE IL GESTO
 
E adesso non prendo la tua mano per me. Sono io che ti do la mano.
Adesso ho bisogno della tua mano, non perché io non abbia paura, ma perché sia tu a non aver paura. So che credere a tutto questo sarà inizialmente la tua solitudine grande. Ma arriverà l’attimo in cui mi darai la mano, non più per solitudine, ma come me adesso: per amore.
(Da “La passione secondo G.H.” di Clarice Lispector”)
 
Dal 15 maggio 2017 al 26 maggio 2019, giorno della morte di mia madre, l’incontro quotidiano con lei è stato raccolto in un’immagine fotografica ripetitiva che riprende il contatto tra la mia e la sua mano.
La mia attitudine ossessiva ad accumulare ogni cosa, a non lasciar andare mai niente cui tengo, a non lasciare andare le persone che amo, mi hanno spinto a trattenere, ogni volta che io e lei ci siamo incontrate, questo gesto.
 
Gli ultimi anni della sua vita mia mamma li ha passati in una casa di riposo a Venezia non lontana da casa mia. Ogni giorno andavo a trovarla per tenerci compagnia. Abbiamo letto, parlato, pensato, riso e cantato insieme. Ci siamo accompagnate l’una con l’altra in un percorso dolce e lieve che ci ha portato lentamente alla separazione naturale. Un paio di anni prima della sua morte abbiamo desiderato fare qualche cosa insieme immaginando che quella cosa avrebbe potuto, forse, nel futuro, prendere forma nel corpo del mio lavoro. In una situazione così estrema e paradossale abbiamo cercato di creare le condizioni per cui le cose potessero accadere in un percorso fluido e naturale, per farle confluire in un’immagine precisa. Non si trattava di trattenerle, ma di lasciarle andare.
 
Ogni giorno appena ci vedevamo lei mi incitava “la foto Maria!”, mi porgeva la mano, io gliela prendevo e documentavo questo atto con uno scatto fotografico. Il “tenersi per mano” è stato un modo per aiutarci simbolicamente nell’elaborazione di un passaggio.
Quello che è venuto fuori è in un certo senso una celebrazione del dialogo. Intendo dire, non un mausoleo per una persona, una madre, mia madre, ma un “monumento alla relazione”, un mettere l’enfasi sul rapporto tra due persone più che innalzare su un piedistallo la singola individualità separata dall’altro.
Mia madre diceva che è quando si sente di comunicare con qualcuno che può nascere una forma espressiva vitale. La scrittura deve sempre avere un interlocutore e deve sempre essere potenzialmente indirizzata ad un altro. Anche se quest’altro è solo una persona immaginaria. Mi diceva: A me piace più ascoltare e non parlare! Io voglio ascoltare. Mi metto in ascolto e poi trovo le parole per risponderti.
 
Tutte queste foto stampate in doppia copia (una rimane a me e l’altra è destinata ad un ipotetico nuovo detentore), sono state toccate successivamente una per una con il mio dito sporco di colore, la materia pittorica che si è formata ogni giorno nella mia ciotola. Questo percorso di sfioramento che ha ri-attraversato tutto il cammino è durato 484 giorni, tanti quanti sono stati gli incontri con mia madre.
Si è passati dal contatto tra le due mani al tocco del gesto pittorico e ci si aspetta che qualcun altro ancora aggiungerà le proprie. Chi infatti prenderà in mano questi cartoncini è come se unisse la propria al duplice gesto.
 
L’insieme di queste foto-pitture sono conservate all’interno di un contenitore con cassetti (ispirata ad una scatola laccata cinese che lo zio Sandro aveva regalato alla mamma), la quale oltre ad avere la funzione di contenerle ha anche quella di avvicinare un pezzetto del concentrato della mia esistenza a questo dialogo. La parte esterna porta in sé, infatti, un piccolo intarsio fatto con un frammento delle gocce essiccate del mio “Quadro Infinito”.
 
Sapevo che la materia di cui doveva essere fatta l’opera era il tempo che trascorrevamo insieme e sapevo anche che non si poteva esprimere nulla mentre la cosa stava succedendo. Lì non si poteva far altro che starci dentro e assecondare.
In quel momento bisognava solo lasciarsi scorrere addosso l’esperienza, poi si sarebbe dovuta tenerla lì per un po’, dentro, lasciarla sedimentare. Solo ad un certo punto, più in là, chissà, magari, qualcosa sarebbe emerso.
Descrizione e interpretazione serie
Mani
Dal maggio del 2017 l’incontro quotidiano con mia madre è stato raccolto in un’immagine fotografica ripetitiva che riprende il contatto tra la mia e la sua mano. La mia attitudine ossessiva ad accumulare ogni cosa, a non lasciar andare mai niente cui tengo, a non lasciare andare le persone che amo, mi hanno spinto a trattenere, ogni volta che io e lei ci incontriamo, questo gesto.

Tocchi
A questa serie appartengono tutti quei lavori che si caratterizzano per un tocco di colore fatto con la punta del mio dito o con la mia mano.

Descrizione e interpretazione tipologia
Foto
Opere fotografiche stampate su supporto

Dati
Autrice
Morganti, Maria
Anno di realizzazione
2020
Luogo
Venezia
Tecnica e materiali
Stampe fotografiche ognuna toccata dal colore della ciotola dentro a una scatola di legno laccata con intarsio di frammento di pittura ad olio; Edizione di 1 + 1 pa
Tipologia
Foto
Serie
Mani
Tocchi
Numero Archivio
2020_Foto_Mani_001
Status Opera
Da realizzare
Fullscreen
monumento-alla-relazione-0
Un dettaglio della serie
monumento-alla-relazione-1
Esempio scatola
monumento-alla-relazione-2
Frammento del "Quadro infinito"
monumento-alla-relazione-3
Un esempio di intarsio: Santa maria in Organo, Verona