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# 16.02

Padre (piero morganti)

 
... anche la Maria tiene un diario, ma lo suddivide in diversi libretti che porta sempre con sé in una borsa che sembra una valigia. uno per la trascrizione dei sogni, uno per i pensieri sull'arte, uno per la registrazione dei fatti. È ammalata, della mia stessa malattia.
Dal Diario di Piero Morganti, Milano, 14 novembre 1991
 
I diari di mio padre sono nelle mie mani dall’8 marzo del 1995, giorno della sua morte. Senza alcuna lucida premeditazione, lentamente, negli anni, sono diventati parte integrante della mia vita fino ad arrivare a determinare in maniera fluida e naturale il corso della mia opera. È nel momento in cui sono diventata cosciente del fatto che nel mio lavoro si è manifestato in modo forte e chiaro il senso diaristico del mio procedere che ho portato dentro al mio mondo i trentotto quaderni in maniera più esplicita. Evidentemente devo aver provato con forza l’importanza di aver ereditato un gesto così potente come quello di tenere una traccia della propria esistenza attraverso una metodica scrittura, da ritrovarmi inconsapevolmente a perpetuare questa folle impresa scrivendo io stessa dei diari con il mio linguaggio fatto di colori anziché di parole.
Il senso di responsabilità insieme al desiderio di tenere e prendermi cura della vita che mi ha preceduto sono i sentimenti che mi hanno spinto a rinnovarla, portando avanti il discorso, trasformandolo per poi immaginare, nel futuro, di passarlo nelle mani di qualcun altro.
 
UNA CASA PER I DIARI DI MIO PADRE (1)
 
Ho sognato mio cognato A. M. che mi aveva progettato una casetta con un telo di un metro per due metri. Per mezzo di tiranti e di centine l'adattavo in ogni luogo. Non era una tenda, ma una vera e propria abitazione con i servizi e, persino, un giardino. Quando non l'abitavo più, me la mettevo addosso e diventava un vestito. Questo avveniva sullo sfondo di paesaggi pallidi, con colori tenui e autunnali.
Dal Diario di Piero Morganti, Verona 22 agosto 1987
 
Dopo averli letti tutti e averne pubblicata nel 2010 una selezione nel libro “Un diario tira l’altro” (Corraini Edizioni), i trentotto quaderni fitti della scrittura di mio padre, mi sono sempre rimasti accanto appoggiati sul tavolo del mio studio fino a quando ho cominciato a desiderare di costruire una casa che riuscisse contenerli tutti. Ho pensato ad un luogo dove potessero essere conservati, accolti e abbracciati. Quasi fosse una dimora per l’emotività di mio padre.
Nel progettare questo spazio ho tenuto conto di due cose. La prima è la descrizione, nel diario, di un sogno di mio padre nel quale parla di una casetta progettata su misura per lui da mio zio che come un vestito può portare con sé in ogni luogo. In risposta a questa sua immaginazione ho rappresentato una specie di scatola-valigia che con una maniglia possa essere trasportata dappertutto. La valigia è foderata al suo interno da un’opera-tessuto (2) che protegge i diari ed è avvolta all’esterno da una custodia (3) così come fa un vestito che copre e ripara un corpo nudo.
La seconda cosa che ho preso in considerazione sono le tre strutture che fondano il mio universo: il Sedimentario, la Diarioteca e Il Quadro infinito. Si tratta dei tre archiviatori che contengono tutta la materia pittorica che viene prodotta quotidianamente nello studio e che nell’insieme sintetizzano tutto il senso di ciò che faccio. 
Mi sono concentrata in particolare sul Quadro infinito vedendolo come una figura umana. Da lì mi sono mossa per ideare una rappresentazione del cuore, dell’essenza del papà, attraverso un contenitore di forma vagamente antropomorfa. Ho raddoppiato così il Quadro Infinito mettendo una accanto all’altra le due individualità, quasi come fossero due persone che si prendono per mano. Ho fatto entrare così, come parte strutturante, questo nuovo elemento nella mia cosmologia, accostando fisicamente la traccia del mio tempo esistenziale a quella di mio padre. Avere infilato la sua vita dritta dentro al mio mondo è come avere inserito il corpo del mio lavoro dentro ad una prospettiva storica, come ad indicare una temporalità lunga, molto più lunga di quella di un particolare arco vitale. Il tempo raccolto dentro al mio lavoro è solo una piccola porzione di un altro molto più ampio. C’è un prima e c’è un dopo. Non sono l’unica, prima di me c’è stato qualcun altro, anzi, prima, accanto e dopo la mia esistenza ce ne sono decine, centinaia, migliaia, milioni, miliardi… di altre, ognuna con la propria originalità per la quale noi, altri esseri umani, abbiamo il compito di preservarne la irripetibile singolarità.
 
 
 
(1) L'opera è stata realizzata per la mostra del progetto "Diari tra Diari" che ho curato per la Spinola Banna Arte Contemporanea e Gambe, Torino con il supporto della Fondazione San Paolo
(2) Il tessuto realizzato dall’Azienda Bonotto di Bassano del Grappa è la rimanenza del progetto che ho fatto per la caffetteria di Mario Botta alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia.
(3) L’immagine stampata su un tessuto di cotone (uguale a quello che utilizzo per dipingere i miei quadri ad olio) è la riproduzione ingigantita del carotaggio dell’analisi diagnostica fatta al microscopio del Quadro Infinito eseguito dalla CSG Palladio nel 2014. Nella funzione di copertura di Una casa per i diari di mio padre la vedo come fosse un’intimità che ne avvolge un’altra.

(Scritto nel 2018)
 
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