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# 27.03

Perché archiviare?

Una predisposizione


Cosa c’è all’origine dell’impulso spasmodico all’accumulo e all’organizzazione?
 
STORIELLA NUMERO UNO: IL NONNO CHE ORDINAVA OGNI COSA
Il mio nonno materno Vincenzo veniva definito da sua madre “l’originale”. Nelle sue case di Milano, Verona e Villafranca, non voleva tenere armadi, ma possedeva circa 40 comò nei quali riponeva e archiviava cose di diversa natura: oggetti, lettere, articoli, documenti... Ogni singolo elemento o ogni gruppo di elementi veniva avvolto da una leggera carta giallina tenuta stretta da un elastico sulla quale scriveva a mano, in genere con un pennarellino blu o nero, il contenuto e la sua storia. Anche tutti i quadri appesi alle pareti delle case e tutti gli oggetti esposti sui comò portavano nel retro un’etichetta scritta a mano o con la macchina da scrivere. Qui la dicitura riportava qualche informazione sull’oggetto e alcune note sull’autore.
 
STORIELLA NUMERO DUE: LA BAMBINA CHE GIOCAVA A “METTERE A POSTO” E A “FARE LE RACCOLTE”
Quando ero bambina avevo inventato un gioco che si chiamava “Mettere a posto”. Per giorni, settimane, mesi, vivevo intensamente dentro lo spazio della mia stanza con la mia valanga di oggetti, giocattoli, fogli, colori, arrivando a produrre un caos magmatico. Poi all’improvviso venivo colta dal desiderio di mettere in atto un gioco davvero molto preciso e meticoloso. Nell’arco di una o più giornate riorganizzavo con criteri personali e un ordine ossessivo tutta questa massa informe che avevo attraversato e prodotto. Ricordo lo stupore dei miei genitori e ricordo la mia soddisfazione, la sensazione di libertà e beatitudine dopo averlo compiuto. La mente si sgomberava, sapevo che da quel momento avrei potuto ricominciare da capo a riemettere liberamente materia per poi nel futuro sistemarla.
 
L’altro gioco che ha riempito gli anni della mia infanzia è stato “Fare le raccolte”. In maniera spasmodica e maniacale passavo le giornate ad andare, da sola o con mia cugina Fulvia, per mercatini, fiere, negozi a comprare e raccogliere ogni sorta di cose che poi organizzavo dentro contenitori che tenevo appesi alle pareti o dentro scatole nei cassetti. Negli anni ho formato tra le altre: la raccolta delle figurine, le raccolta dei quadernini e dei blocchetti, la raccolta dei fiammiferi, la raccolta delle gomme da cancellare, la raccolta dei coltellini, la raccolta delle scatoline, la raccolta dei ciondoli, la raccolta degli “scherzi”, la raccolta delle “cosine piccole”…
 
STORIELLA NUMERO TRE: IL PADRE CHE TRATTENEVA IL TEMPO SUI SUOI DIARI
Mio padre tutti i giorni della sua vita, da quando aveva anni 19 fino al giorno in cui è morto a 63, si isolava nella sua stanza per appuntare qualche parola sul suo diario.
Con normalità, dedizione, rigore e metodicità trascriveva pensieri, citazioni e fatti conservando su questi quaderni il tempo che viveva.
 
STORIELLA NUMERO QUATTRO: IL MARITO CHE RACCOGLIE I FATTI
Un giorno la ragazza che da bambina giocava a “Mettere a posto” la sua materia informe e a “Fare le raccolte” di oggetti, incontrò il ragazzo che “Raccoglie i fatti” per analizzarli.
Mio marito Luca è uno storico. Osserva la realtà in silenzio, la guarda, la pondera, la studia, l’analizza e infine la descrive e l’interpreta. Sostiene che fare lo storico è diverso che fare il romanziere perché si deve basare su quello che si dice sulle fonti, cioè indizi, documenti, testimonianze che possono essere scritti, monumenti, reperti, registrazioni, ecc. Racconta che da quando ha cominciato a fare ricerca storica, e poi sempre di più, è cambiato il suo modo di passeggiare, di andare a fare le spese, di parlare con la gente e di leggere il giornale.  
A metà degli anni 90 ha realizzato insieme ad un amico una rivista che aveva come sottotitolo: “Storia e documentazione del tempo presente” dentro la quale, tra le altre cose, ha scritto che “invece che parlare di “inventario”, termine che riguarda sempre un numero definito e limitato di soggetti si parli di <<raccolta>> che dà più il senso di apertura, provvisorietà e infinità”.
 
STORIELLA NUMERO CINQUE: L’ARTISTA CHE PRODUCEVA COSE E POI SENZA BUTTARE VIA NULLA SISTEMAVA CIÓ CHE AVEVA RACCOLTO SECONDO I PROPRI CRITERI
Per anni ho lasciato che le cose venissero fuori da me senza un progetto preciso, che si formassero in maniera fluida, non pensando a cosa fossero e cosa sarebbero state. È solo successivamente che ho cominciato a vederle come dati di fatto, a guardarle, a cercare di comprenderle e nominarle.
Non ho omesso nulla. Ho cercato di trattenere ogni cosa senza selezione e senza pudore.
Nel riguardare e nel sistemare tutta la mole del mio lavoro ho cercato di rimanere il più oggettiva possibile anche se so che l’archivio prodotto dall’artista stesso di per sé non può essere asettico. Al suo interno, per forza, entrano delle visioni estremamente soggettive e caricate di significati segnati dal proprio punto di vista.
 
 
(Testo scritto nel 2020)
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Il primo numero della copertina della rivista di mio marito, “Altrochemestre”, aveva un disegno di Gigio Brunello, che rappresentava un coltellino dell’esercito svizzero che invece di contenere i soliti attrezzi aveva tra le altre cose una lente, una cassetta per registratore, una penna stilografica, una forbice, un pennello, un righello, gli strumenti cioè dell’essere umano che pensa, si esprime e fa ricerca.
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Retro di uno degli oggetti del nonno Vincenzo con la sua etichetta scritta a mano
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Dettaglio della scrittura di mio padre nel suo Diario
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Dettaglio della "Raccolta delle cose piccole"