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# 27.04

Generare materia

Far sì che le cose accadano


 
Stando connessi con il dentro più profondo si tenta di toccare la sostanza prima di tutto di cui siamo fatti noi stessi, ma poi soprattutto quella di cui è fatto il mondo, di cui siamo fatti tutti ed ogni cosa. Non si inventa nulla. Bisogna solo lasciare che le cose fuoriescano, si facciano strada. Io sono qui solamente come tramite, per far sì che queste cose accadano. Sono la testimone inerme, di qualcosa che succede attraverso di me, davanti a me, senza alcun controllo mentale. Attraverso un’azione meccanica si tratta di far sì che la materia emotiva si travasi da un dentro ad un fuori facendogli prendere corpo in qualcosa di fisico e concreto. Per mezzo della “Ciotola” che da vita al colore la polpa si accumula cancellandosi nel “Quadro infinito”, si stratifica sulle “Sedimentazioni”, si amalgama nella “Melma” e si accosta l’una accanto all’altra nei “Diari” facendo in modo di trattenere ogni frammento e di non perdere alcuna traccia.
Mettermi in sintonia con la “Ciotola” significa stare in ascolto, sentirla parlare, essere in contatto con la natura delle cose, con un movimento naturale e ciclico. Significa non imporle nulla, lasciarla esprimere, lasciarla parlare, così, senza far valere un andamento dettato dal pensiero razionale. Vuol dire riconoscere alla “Ciotola”, ovvero ad un oggetto e non a un soggetto umano, una sua interiorità e una sua propria personalità. Significa lasciarla esistere per come è, lasciando che si esprima con il suo proprio linguaggio. Il colore si forma organicamente, contro la volontà di chi la tocca e di chi la dirige attraverso la peculiarità del suo linguaggio.
Sono io alla fine che arrivo a pensare come lei più che lei a pensare come me. O meglio il suo modo di parlare si fonde, è in sintonia, coincide, va in parallelo con il mio sentire più profondo e meno fondato sulla ragione.
Tutto questo mi porta a percepire ogni singolo elemento che salta fuori da questo processo solamente come parte di un tutto, un tutto che va oltre il mio microcosmo, un tutto abitato da cose tra le cose. Cose animate e cose inanimate. Cose umane, cose animali, cose vegetali, cose oggetti… Cose prodotte dall’uomo e cose nate autonomamente dall’uomo che interagiscono e si informano l’un l’altra. E all’interno di questo tutto rimango in ascolto tramite lo strumento che mi permette di farlo, appunto, la “Ciotola”.
 
In breve, questa è l’essenza di questo metodo, di questa prassi quotidiana:

Ogni giorno quando entro nel mio studio compio una certa sequenza di gesti.

Appena arrivo al mattino mi metto il grembiule da lavoro, mi dirigo verso la tavolozza per vedere succedere il colore. La tavolozza nel mio caso invece di essere, come per la maggior parte dei pittori, un piano su cui convivono tanti colori differenti, è una “Ciotola”, cioè un unico spazio, concavo, dove vedo formarsi ogni giorno un solo colore.
Non butto mai via quello avanzato dal giorno precedente. Il colore che si forma parte sempre da quello del giorno prima che viene trasformato con l’aggiunta di un altro colore. È la “Ciotola” che spinge in una direzione piuttosto che un’altra. È la “Ciotola” che detta le regole, che determina l’andamento del susseguirsi dei colori. Alcune volte la “Ciotola” conferma, rimane su un certo percorso, altre volte vira. Se per esempio mi trovo davanti ad un rosso posso rimanere nelle gamma dei rossi, degli arancioni o dei rosa oppure posso spostarmi per esempio verso il viola con una punta di blu, ma non posso determinare per esempio un verde, perché per arrivarci al verde sono necessari una serie di altri passaggi, di altri colori. Non sono possibili salti che partono dalla mia mente, ma passi determinati dalla “Ciotola” che è in stretto contatto con la parte più emotiva del mio cervello.

Quando la materia è pronta compio due o tre gesti pittorici spalmando con un pennello il colore su una superficie pittorica. Tengo una traccia di ogni colore su una stecca di legno che chiamo “Diario”. Il “Diario” si riempie nell’arco di circa tre, quattro mesi. Non c’è scarto, non c’è errore. Ogni singolo passaggio della “Ciotola” viene trattenuto, raccolto, documentato, mostrato e catalogato proprio su questa striscia di legno.

Sul “Quadro infinito” stratifico cancellando il colore del giorno precedente creando un agglomerato di colori. Questo quadro iniziato più o meno in contemporanea con i diari è diventato una specie di catalogo nascosto o un catalogo annientato di tutti gli strati assimilati nel tempo.

Il terzo atto pittorico che faccio nella giornata è sul quadro che chiamo “Sedimentazione”. Questo strato non è obbligatorio solamente alcuni giorni, infatti, viene annotato su questa superficie. Non tutti i colori che finiscono sui “Diari” e sul “Quadro infinito” vengono registrati anche nelle “Sedimentazioni”. Qui ne rimangono solo alcuni distillati dalla “Ciotola”. Le “Sedimentazioni” che all’apparenza sembrano dei quadri monocromi sono invece policrome perché fatte di tanti strati di colori differenti. Nel bordo di circa un centimetro in alto del quadro rimane evidente il processo con cui si è arrivati all’ultimo colore, rimane visibile cioè la storia del quadro.
 
(Testo scritto nel 2022)
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