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# 27.12

Svuotare l'archivio

Prendere le distanze. Arrivare all’essenza. Liberare i contenitori.


 
“Sulla melma lasciata dalle nostre azioni.
Ogni aspetto della natura ci insegna che la scomparsa di ogni vita è la creazione di spazio per un’altra.”
(Da i diari di Henry David Thoreau, 24 ottobre 1837)

 
Si è partiti dal nulla, successivamente si è andati a perimetrarlo questo nulla per arrivare a definirlo come uno spazio vuoto, poi, gradualmente si è riempito con le tracce della propria esistenza. In seguito, si è passati attraverso un necessario processo di sintesi a ridurre lo spazio e a comprimere il tempo e, infine, si è arrivati a rimuoverne il contenuto.

Perché accada qualcosa ancora di nuovo bisogna cancellare le tracce, lasciare andare l’eccedente, bisogna formare ancora uno spazio neutro, lasciare spazio a sé stessi e ad altri perché possano proiettarcisi dentro e inserirsi con la propria immaginazione. Paradossalmente, vorrei dire che ciò che importa, ciò che ha senso è più l’atto del catalogare che ha tenuto in vita l’azione più che effettivamente bloccare tutto in una forma irrigidita e immobilizzata.

Disfare l’archivio, sciogliere ciò che sta al suo interno sono espressioni forti che mi aiutano a liberare la mente a dire che è più importante il processo dell’archiviare che l’archivio di per sé.

Ora proverei a spingermi verso un paradosso o forse più che altro verso una provocazione. Questo processo lento che negli anni mi ha portato a semplificare, sintetizzare, a togliere sempre di più, chissà, forse potrebbe portarmi in un lontano futuro addirittura a smettere di compiere il gesto pittorico? Forse tutto potrebbe concentrarsi nel far sì che si generi solo materia nella “Ciotola” senza che il colore venga trattenuto ed accumulato su delle superfici pittoriche? Non ci sarebbe quindi più nulla da produrre, nulla da archiviare, ma solo il pensare a vivere in un processo aperto e fluido che confluirebbe in un unico piccolo contenitore di 30 x 30 x 30 cm di vetro, quello che raccoglie la “Melma”, ovvero lo scarto di un andamento.

Certo tutto questo sarebbe inimmaginabile se non ci fossero stati appunto prima quei due passaggi di cui ho fatto cenno, da un lato quello del prendere le distanze da sé stessi, dal proprio spazio, per guardarsi dal di fuori e tentare di capire ciò che si è fatto e dall’altro quello di arrivare all’essenza delle cose tramite una sintesi, una compressione, una semplificazione.
 
Qui di seguito si parla di alcune di quelle opere che affrontano questi passaggi di distaccamento, di sintesi per arrivare, infine, allo svuotamento:
 
PRENDERE LE DISTANZE
Una visione dall’esterno, una forma di distacco, schematica, sintetizzata dell’archivio si è concretata nell’opera “Rimpicciolimento Luogogesto”. Si tratta del rimpicciolimento del “Luogogesto”, lo spazio costruito per rappresentare, contenere e far succedere l’azione del dipingere. Qui si è fatto qui piccolo piccolo per essere abbracciato e compreso. La scatola-spazio che lo racchiude è la riproduzione in scala 1:10 del piano terra del mio studio dove lavoro con la materia colore.
 
ARRIVARE ALL’ESSENZA
C’è un capitolo dentro la parte “Autoritratto” dal titolo “Comprimere”. Lì dentro ho affrontato in maniera dettagliata tutta la questione della compressione da un lato del rapporto con il fare e la materia nel “Luogogesto” e dall’altra quello con il ragionamento che scorre accanto al processo nel “Sitomente”. Ho descritto come e attraverso quali opere sono arrivata a questo condensato.
Anche altre opere, comunque, negli ultimi anni hanno tenuto conto di questo propendere alla sinteticità. Per esempio, “Sintesi”, l’opera che schematizza in pochi elementi essenziali, lo spazio e gli oggetti che nel corso degli anni hanno definito il fondamentale nella mia pittura o “Pianosintesi”, trasposizione su un piano unico, ortogonale di tutte le singole parti, tenute separate, che servono a ricostituire il “Rimpicciolimento del Luogogesto”. Un azzeramento, un riavvolgimento per tornare al momento in cui le cose non si erano ancora formate.
 
LIBERARE I CONTENITORI
Lo “Svuotamento” è la riproduzione in scala reale dello scheletro del “Luogogesto” al quale è stata rimossa tutta la parte pittorica contenuta al suo interno. É composta dalla riproduzione dei tre “Archiviatori”: la “Diarioteca”, il “Quadro infinito” e il “Sedimentario” svuotati delle loro opere, con l’aggiunta di una “Sedimentazione” di 60 x 50 cm appesa al centro della parete del “Sedimentario”.
Se la compressione massima dell’atto pittorico è concentrata all’interno di un’unica opera il “Luogogesto”, qui, all’interno dello “Svuotamento”, questa condensazione viene riprodotta scarnificata, ridotta all’osso, come fosse la rappresentazione scheletrica di un pensiero. Da un lato il senso della mancanza, un allontanamento, una retrocessione che porta ad una visione epurata, fantasmatica e dall’altra invece uno spazio vuoto, un contenitore che chiunque potrebbe potenzialmente riempire idealmente con la stratificazione della propria esistenza. La struttura sta lì come una specie di luogo metaforico che potrebbe potenzialmente essere sempre riempito di nuovo.
 
 
 
(Testo scritto nel 2022)
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